Agriturismo Casale Del Noce

Breve storia dei vini primaverili

“Il vino raggiunge la bocca

E l’amore raggiunge gli occhi

Questa è la sola verità che ci è dato conoscere

Prima di invecchiare e morire.

Sollevo il bicchiere alle labbra,

ti guardo e sospiro…”

Sono celebri questi versi del poeta irlandese Yeats che esalta il vino, il nettare degli dei made in Italy, che tutto il mondo ci invidia.

E a primavera, quando la natura si risveglia e il corpo si libera dalle scorie accumulate durante l’inverno, perché non gustarsi un calice di buon vino, che rievoca i profumi tipici della stagione?

Proviamo allora a conoscere alcuni vini primaverili e a scoprire quale nota di fiore o frutta domina il loro bouquet.

Sono la fragola e il lampone a rendere unico e inconfondibile il Lambrusco Reggiano, il vino dell’Emilia Romagna più noto al mondo. La sua storia è antichissima e affonda le sue radici nella Roma imperiale: il primo a offrircene un assaggio – solo scritto, ben inteso – è il grande poeta Virgilio nella quinta Bucolica, dove parla proprio della vitis labrusca. Il bouquet fruttato di questo vino ben si sposa a cibi robusti, a base di carne, e alla maggior parte delle paste ripiene tipicamente italiane.

Per gli antipasti magri e per i piatti a base di tartufo, è ideale il Gavi Docg Piemontese. Questo bianco gentile ha alle spalle una storia leggendaria: si narra che Gavi, principessa provenzale, fuggì dalla Francia con il suo compagno osteggiato dalla famiglia sino a giungere nella zona dell’Alessandrino. Qui si fermò e fece edificare un castello ai cui piedi si formò con il tempo un paese che, in ricordo della bella principessa, ne prese il nome. Dalla struttura armonica e piacevole, nel bouquet di questo vino si riconosce la nota primaverile dell’albicocca: il suo odore fino e delicato si accompagna a un sapore asciutto e gradevole.

Non si può  poi dimenticare la regina della primavera, la ciliegia. E del colore rosso intenso come questo frutto è il Primitivo di Manduria: questo vino tipico della Puglia è caratterizzato da un sapore robusto e pieno e dall’intenso profumo di ciliegia e di amarena.

Ma primavera vuol dire anche trionfo di fiori. Ed ecco allora il Gewürztraminer, un bianco del Trentino Alto-Adige, caratterizzato da note bianche quali il gelsomino, il biancospino e la rosa bianca, oppure il Chianti, vino giovane e fresco che della Toscana porta con sé il profumo di mammola, di boccioli di violetta e di bacche rosse.
Per chi desidera inebriare il proprio olfatto con un campo fiorito, la scelta deve ricadere invece su un Vermentino di Sardegna: questo bianco, dal retrogusto leggermente amarognolo, sprigiona un profumo sottile, intenso e delicato.

Qui in Italia, dove la cultura del vino compenetra da sempre nella dieta alimentare, si può scoprire la straordinarietà del gusto e del sapore di una bevanda così affascinante e composita, presente in numerose varietà, dai differenti bouquet, e fare dello “stellato figlio della terra”, come lo ha definito Neruda, un piacere da condividere.

Ma vino è anche sinonimo di salute: un buon calice di vino al giorno svolge una funzione di stimolazione e attivazione della digestione, contrasta l’insorgenza di calcoli biliari e stimola la diuresi. L’alcol etilico fluidifica il sangue, aiuta a prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari, stimola le difese immunitarie e l’invecchiamento cellulare perché alcune sostanze antiossidanti (presenti in quantità maggiori nei vini rossi) combattono i radicali liberi.

In particolare, il resveratrolo sembra essere capace di impedire la proliferazione di cellule cancerogene: proprio per tale proprietà, è oggetto di analisi da parte dei ricercatori che ne studiano le caratteristiche, con il sogno di poter ideare, un giorno, delle cure a base di molecole naturali capaci di aggredire o, persino, prevenire le cellule tumorali.

Tra gli altri componenti si possono citare il ferro, il rame e soprattutto il potassio che tonifica e stimola i muscoli, migliora la circolazione e favorisce la produzione del cosiddetto colesterolo “buono”.

Che il vino sia la bevanda degli dei dalle proprietà rinvigorenti, lo dimostra anche la sua stessa storia, le cui origini non sono ben note.

Storia e leggenda, mito e realtà si intrecciano come i tralci di una vite e proteggono gelosamente la verità sulla nascita del vino. Alcune fonti fanno risalire l’origine di questa bevanda alla figura biblica di Noè, che volle salvare una vite dal diluvio universale, assicurandole un posto sulla sua arca. Certa è comunque l’importanza di questa pianta se si pensa che nel terzo millennio prima di Cristo i Sumeri scelsero la foglia di vite come simbolo dell’esistenza umana.

La stessa etimologia attribuita alla parola “vino” ne rievoca la matrice positiva, se è vera l’ipotesi secondo cui deriva dalla radice in sanscrito “venas”, da cui discende “Venus”, cioè Venere, la dea romana della bellezza.

La straordinarietà del vino era tale per gli antichi che i Greci ne trasmisero il culto attraverso il dio Dioniso, che aveva fatto un così bel dono agli uomini:

Beviamo, perché aspettare le lucerne? Breve il tempo.
O amato fanciullo, prendi le grandi tazze variopinte,
perché il figlio di Zeus e Sémele
diede agli uomini il vino
per dimenticare i dolori.

Questi versi di Alceo dedicati al vino furono ripresi dalla tradizione poetica romana. Basti ricordare le parole di Lucrezio secondo cui “la forza sconvolgente del vino penetra l’uomo e nelle vene sparge e distribuisce l’ardore” o il famoso detto di Plinio, “in vino veritas”, che si è mantenuto vivo nel corso dei secoli, tanto da essere citato ancora oggi.
Il trionfo della bevanda di Bacco, che fa inebriare e congiunge l’uomo agli dei, prosegue nel corso dell’intera storia della letteratura: come scrisse il poeta Borges, “il vino fluisce rosso / lungo mille generazioni / come il fiume del tempo / e nell’arduo cammino / ci fa dono di musica, / di fuoco e di leoni.
E così nascono dall’inventiva di poeti come Baudelaire, Cardarelli, Goethe, Yeats componimenti dedicati al vino, al suo sapore, al suo profumo, alla sua capacità di rapire l’animo umano, di renderlo più forte e vigoroso.
Non solo la poesia, ma anche la pittura ha incrociato il proprio cammino storico con quello del vino. Celeberrimo è il “Caffè di notte” di Vincent Van Gogh del 1888, custodito all’Art Gallery di New Haven: il quadro raffigura il caffè Alcazar dove il pittore visse nel mese di maggio e a cui dedicò questa tela dai colori violenti e vivaci. Sul tavolino del locale non può che troneggiare una bottiglia di vino.
Una menzione particolare spetta a Cezanne: i “Giocatori di carte”, che si fronteggiano nell’omonimo quadro, hanno una bottiglia di vino a far loro da arbitro. E che dire del “Dejeuner des canotiers” di Renoir? Qui il vino, racchiuso in quattro bottiglie, diventa simbolo di allegria e spensieratezza, propri del gruppo di giovani rappresentati.
Questa breve carrellata di opere dedicate al vino non può che concludersi con un passo dell’”Ode al vino” di Neruda, un intero componimento rivolto alle mille sfumature di colore e profumo che tale bevanda può assumere. Un vero e proprio assaggio dell’estasi del vino.

Vino color del giorno,
vino color della notte,
vino con piedi di porpora
o sangue di topazio,
vino, stellato figlio
della terra, vino, liscio
come una spada d’oro,
morbido come
un disordinato velluto,
vino inchiocciolato
e sospeso,
amoroso, marino,
non sei mai presente in una sola coppa,
in un canto, in un uomo,
sei corale, gregario,
e, quanto meno, scambievole.

Dunque non resta altro che scegliere il vino più adatto e lasciarsi andare al piacere. Buona degustazione!

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